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Il silenzio rubato

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“Certe volte per dormire mi metto a leggere,

e invece avrei bisogno di attimi di silenzio”.

Un’altra vita, F. Battiato.

Credo che la tecnologia sia una buona cosa sotto molti aspetti: grazie a essa riusciamo a comunicare le nostre idee a più persone e più lontano, possiamo avere versioni diverse di uno stesso accadimento, siamo più indipendenti, possiamo imparare molte cose gratuitamente, etc.

Ci sono però alcuni aspetti della tecnologia in relazione ai quali vorrei proporre qui una riflessione. Perché se la tecnologia dà, alla stessa maniera può togliere. Ecco un breve elenco delle mie impressioni:

1) La tecnologia non ti lascia mai solo.

C’è sempre un sms in arrivo, un’email che bussa alla porta, un link di 3552491248_8bb1706af7_zcui qualcuno ti parla, uno squillo, un bip di avviso. Non puoi tirarti indietro, pena l’essere tacciato di assenteismo o menefreghismo. “Perché non hai risposto al messaggio?”, “Perché avevi il cellulare spento?” Oltretutto, chissà, potrebbe arrivare quella risposta importante, o qualcuno potrebbe chiamarti per un colloquio di lavoro. Meglio farsi trovare.

Non voglio dire che la tecnologia “obblighi” a essere disponibili, ma che in qualche modo lo sottintenda. E ciò non è certo fonte di serenità. Credo che la solitudine sia un aspetto necessario nelle nostre vite, uno spazio che andrebbe rispettato negli altri e che dovremmo difendere a costo di farci, magari, mandare a quel paese. Nell’epoca del “social” la solitudine è una bestiaccia da cacciare il più lontano possibile. Viverla, anche per poco, ci fa sentire colpevoli, impazienti, fuori posto. Credo invece sia una dimensione da rispettare, da ritrovare e da rendere fruttuosa.

2) La tecnologia non favorisce il silenzio.

La mattina ci sveglia la radio, poi arriva la televisione, il sito internet, la telefonata, la suoneria, il file mp3. Le nostre orecchie sono ormai affette da horror vacui. La nostra è una società che disprezza il silenzio; anch’esso, come la solitudine, salutare e foriero di tante idee.

3) La tecnologia può ostacolare l’espressione creativa.

Oggi vedere un’immagine sembra la cosa più normale del mondo. Pensate che un tempo, invece, le immagini erano cose straordinarie, degne di venerazione. La stampa, la TV e il cinema le hanno rese più accessibili, e oggi internet ha moltiplicato tutto questo, donandoci l’accesso a una gran varietà di stimoli sensoriali e prodotti artistici. Ogni giorno su facebook e su altri siti, scorrendo la pagina, possiamo osservare centinaia di foto, dipinti, fotomontaggi, fotogrammi di film. Possiamo leggere articoli e guardare film di ogni genere, ascoltare musica proveniente da tutto il mondo. Tutto ciò è fantastico, non dico di no. Ma credo sia sbagliato pensare “più faccio incetta di stimoli, più ispirazioni avrò”.

Quello che voglio dire è che l’onnipresente tecnologia non ci dà il tempo di distanziarci da tutto e lasciar maturare un’idea. Non appena un piccolo pensiero cerca di farsi spazio in noi viene subito sopraffatto da suoni, frasi, immagini di ogni tipo. Ci mettiamo a fare ma non siamo contenti. Non siamo contenti perché stiamo facendo le cose in modo approssimativo e superficiale. Perché ci stiamo accontentando di riprodurre qualcosa che abbiamo catturato là fuori, e che non è nata dalla nostra esperienza. Per far sì che la coppa delle nostre idee si colmi, bisogna prima svuotarla ben benino. Concedetemi questa metafora dal tono vagamente zen.

Credo che, per far sì che un’idea maturi, che una visione maturi, che qualcosa di sincero sorga dal nostro cuore, sia necessario ogni tanto creare il vuoto. Esso dona al seme il tempo di scaldarsi e inumidirsi di pioggia. Non è il nulla, non è mancanza o inerzia. È uno spazio dotato di libertà, scevro da ogni cosa.

4) La tecnologia ci rende dimentichi del corpo.

Quante volte poniamo ascolto al nostro respiro o ai battiti del nostro cuore? Ci diamo il tempo di percepire una sensazione? Di restare zitti? Sentiamo il corpo? O siamo solo delle teste vaganti nello spazio cibernetico? Ci concediamo il tempo di non agire, di muoverci con lentezza? Perché sembra che ormai vi sia l’abitudine di pensare la propria vita in funzione di “schermo”. Tutto si svolge su di uno schermo, che sia quello del pc o del telefonino. Ma il nostro schermo è, appunto, una proiezione, non il centro del nostro essere.

Con tutto questo non voglio dire che la tecnologia vada rifiutata e che ci si debba ritirare tutti a vita monastica. Propongo a me stessa e ai lettori di organizzare solo dei brevi momenti di “digiuno tecnologico”. Non aspettate che sia la tecnologia a mollare, non lo farà. Vi inseguirà ovunque voi siate. Bisogna però restare fermi sulla propria decisione. Poi, quando vi sarete riposati, e avrete recuperato un pensiero vostro, un’ispirazione vostra, un vostro “centro”, una mente limpida, allora vi ritufferete con piacere nel mondo dei link, dei video, e di tutto ciò che di bello e stimolante la tecnologia ha da offrire.

Concludo con i punti 11 e 12 di “An Artist’s life manifesto” di Marina Abramovic. La Abramovic è un’artista di origine serba, autrice di particolari performance. È una delle poche figure che apprezzo nell’ambito dell’arte contemporanea. Credo che le sue parole facciano al caso nostro:

11. Il rapporto di un artista con il silenzio:

– Un artista deve comprendere il silenzio
– Un artista deve creare uno spazio per il silenzio così da poter entrare nel proprio lavoro
– Il silenzio è come un’isola nel mezzo di un oceano turbolento
– Il silenzio è come un’isola nel mezzo di un oceano turbolento
– Il silenzio è come un’isola nel mezzo di un oceano turbolento

12. Il rapporto di un artista con la solitudine

– Un artista deve avere tempo per lunghi periodi di solitudine
– La solitudine è estremamente importante
– Lontano da casa
– Lontano dallo studio
– Lontano dalla famiglia
– Lontano dagli amici
– Un artista dovrebbe stare per lunghi periodi di tempo presso le cascate
– Un artista dovrebbe stare per lunghi periodi di tempo presso i vulcani in eruzione.
– Un artista dovrebbe stare per lunghi periodi di tempo presso i fiumi
– Un artista dovrebbe guardare per lunghi periodi di tempo l’orizzonte, dove il cielo e il mare si incontrano
– Un artista dovrebbe guardare per lunghi periodi di tempo le stelle nel cielo notturno.

Potete trovare l’intero testo in inglese  qui: http://grandevetro.blogspot.it/2010/09/marina-abramovic-artists-life-manifesto.html

Per un ulteriore riflessione, vi invito alla visione di questa interessante puntata di “Le storie” dove vengono citati, fra gli altri, concetti come il vuoto e la solitudine.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-05f25cb4-0c06-4dbf-a79d-aa97af6daaf3.html#p= 

Buona pausa.


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